Caffè Nero, Divano Bianco

Caffè Nero, Divano Bianco

Quella partita del ’43. Gioca l’Inter, contro chi non si sa ne’ ha importanza, siamo sull’otto pari all’ottantanovesimo e l’arbitro fischia un rigore per noi. Capello sceglie Crespo che batte rasoterra alla sinistra del portiere spiazzato buttatosi alla sua destra con flessibile ed atletica impotenza e mi domando perché mi viene in mente proprio questo proprio ora seduto sul grande divano bianco del soggiorno. Non ricordavo questa stanza fosse così luminosa, la grande finestra sulla destra, i vasi colorati nel centro, il piccolo buio corridoio che fugge via, giù a sinistra. Vengo interrotto dal ghigno lieve di una giovane donna che ride per qualcosa di sciocco e da un caffè nero che si slancia e trabocca dalla sua piccola tazza bianca macchiando il divano. Mio padre appoggia la tazza tra i vasi e questa gagliarda in men che non si dica paf sparita si nasconde con grande abilità. Aveva sempre sussurrato di voler fare il vaso da grande. Dal canto suo mio padre cerca confuso il suo caffè, ma viene distratto da un pacco in arrivo con tempismo impeccabile, quasi da sogno. Godetevi la focaccia, firmato Toulouse-Lautrec. Ne addenta metà mentre lo guardo confuso, l’altra metà la teniamo per mamma.

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TheDuck

Un papero in una bottiglia. Come ci è finito? Come può uscirne? La risposta gli resta straordinaria e misteriosa. A volte la intuisce, non sempre. Raramente la mette in atto, ma che gioia, che gioia quando accade! E che soffocamento rientrare nella bottiglia. /// A duck in a bottle. How did he get in there? How to get out? The answer remains mysterious and wonderful. Sometimes he grasps it, but not always; sometimes he does it, and what joy when it happens! And how suffocating to get back in.

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